I 5 divieti più strani della stampa fascista

19.09.2017 14:54

In foto, Benito Mussolini. Prima di essere al capo del governo fascista, egli fu giornalista, motivo per cui non sottovalutò mai l'importanza del controllo della stampa

 

La stampa fascista, se studiata a fondo, ci può rivelare tratti di comicità grottesca. Se tutti abbiamo studiato la martellante propaganda dei totalitarismi del secolo scorso e le loro principali tecniche di comunicazione, potrebbe stupire quanto si può scoprire analizzando più con attenzione i dettagli e le insidie nelle piccole scelte di questi governi. Tra i documenti più interessanti, le veline.

Innanzi tutto, da chiarire per i meno ferrati sull’argomento, non abbiamo studiato gli avvenenti corpi di vallette del trash italiano (anche se gli insulti razzisti di cui è stata ricoperta Mikaela Naeze Silva, la nuova velina dalla pelle scura, possono far pensare a una qualche connessione con l’argomento “fascismo”). Le veline che intendo qui erano delle disposizioni molto precise che il governo fascista rilasciava quotidianamente alle redazioni, indicando come dovevano essere costruite le notizie per il giorno successivo, spesso anche specificando la grandezza e il tipo di carattere da usare. Erano così chiamate perché, per risparmiare, veniva usata la carta carbone per fare più copie in una sola volta e la carta velina tra un foglio e l’altro, data la sua sottigliezza, consentiva di moltiplicare gli strati sovrapposti. Ma che tipo di disposizioni imponevano?

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