Film - Noi e la Giulia

21.04.2015 14:19

 

Far parte della giuria David giovani è stata un’esperienza interessante perché mi ha dato l’opportunità di avere una visione ampia della più recente produzione cinematografica italiana. Sono rimasta piuttosto delusa dalle commedie, sia per le tecniche poco innovative sia, soprattutto, per le trame cariche di cliché, stereotipi e luoghi comuni, che forse sono specchio di una società moderna ancora chiusa nel pregiudizio e impreparata ad avventurarsi in temi troppo anticonvenzionali, che siano questi handicap, emancipazione femminile, omosessualità. In generale tutte le commedie, secondo me, avevano in comune la lontananza dal verosimile, hanno puntato sulla teatralità, sulla gestualità, sull’espressione, seguendo una tradizione comica tutta italiana che risale al teatro latino: l’italum acetum, una comicità grossolana e rozza che cerca la grassa risata plebea, un umorismo anche sdrammatizzante ormai sedimentato nella nostra cultura, con i suoi pregi e difetti che, in fondo, sono semplicemente dettati dal gusto soggettivo.

 


L’unica commedia che, distintasi tra le altre, mi ha stupito per la sua originalità è Noi e la Giulia, di Edoardo Leo. Il film, tratto da un libro di Fabio Bartolomei, racconta con note fresche e grintose la storia di tre quarantenni insoddisfatti della loro vita che si autodefiniscono dei “falliti” e decidono di attuare il loro “piano B”. I protagonisti sono Diego, impiegato in una concessionaria; Fausto, venditore di orologi nonché “tamarro” incallito, impersonato dallo stesso regista; e Claudio, un uomo paranoico ma perbene, che si fa carico del dolore di un doppio fallimento: quello del suo matrimonio e quello dell’antica attività alimentare di famiglia. I tre da sconosciuti diventano soci per acquistare un casale e si lanciano con cieca fiducia in un progetto nuovo per tutti: l’obbiettivo è aprire un agriturismo. Presto si uniranno a loro Sergio, comunista dai ferrei ideali deluso dal suo partito e da se stesso nel ruolo di padre, ed Elisa, frizzante tuttofare incinta con un passato doloroso alle spalle nonostante la sua giovane età, interpretata da Anna Foglietta, mentre era incinta anche nella realtà.
Irrompe nel progetto della squadra Vito, un camorrista venuto a chiedere il pizzo alla guida di una Giulia. I protagonisti decidono di mettere in atto un’esasperata resistenza pur di non cedere alla minaccia. La loro avventura rocambolesca ha tratti tragicomici ma anche eroici, e mostra un esempio per tutti di coraggio incosciente. Sono esaltati la temerarietà, la forza di rialzarsi dopo un fallimento e il valore della bellezza. Questo ultimo tratto concede al film una sfumatura neoplatonica che apre le porte alla riflessione filosofica: quando Elisa sposta il vino dal bicchiere di plastica al calice di vetro scatta una scintilla nella mente dello spettatore. Proprio il personaggio che sembra abbia meno da raccontare, mostra come l’apparenza possa migliorare una situazione miserabile. Elisa trasforma il Casal dei Pazzi in un luogo giovane e accogliente attraverso il riciclo di svariati materiali (d’altra parte anche i proprietari del casale non hanno fatto altro che “riciclarsi”, in un momento in cui non avevano più nulla da perdere). L’intera filosofia di questo dicotomico personaggio si riassume nella sua frase “le cose belle salveranno il mondo”. Ecco, questo film è Bello. Bello perché infonde grinta ed energia al pubblico, che lascia la sala con voglia di vivere nel miglior modo che può. Bello perché i primi piani si trasformano in ritratti commoventi. In particolare lo sguardo di Sergio, interpretato da Claudio Amendola, evoca contemporaneamente la fermezza morale del personaggio e la tragica malinconia di una stagnata delusione verso la vita che si specchia negli occhi ma fuoriesce ancor di più dalle audaci e irreversibili decisioni dell’uomo che si fa guida del gruppo per affrontare a testa alta la Camorra. Sergio è il personaggio che dalla sua delusione e dalla sua rabbia riesce per primo a tirare fuori la grinta. D’altra parte il realismo del personaggio è dovuto anche al fatto che lo stesso Amendola ha ammesso di essere molto simile a Sergio, e nella sua situazione si sarebbe comportato nella medesima maniera, dichiarando fieramente di essere comunista. 
Un’altra nota tecnica interessante è la ripresa in piano sequenza, che aumenta notevolmente la qualità dello stile, facendosi prova della capacità della troupe e del cast, che deve recitare scene perfette senza stacchi.
Noi e la Giulia è però anche una commedia irriverente e provocatoria contro l’istituzione mafiosa (sulla stessa linea de La Matassa di Ficarra e Picone o La mafia uccide solo d’estate di Pif), ma più di tutto è la trasposizione cinematografica del “vivi e lascia vivere” e di una rassicurante incitazione a combattere per costruire il proprio paradiso, sia questo un agriturismo o un mondo migliore, libero da organizzazioni mafiose dove ognuno possa vivere il capolavoro che merita. L’effetto raggiunto è concreto: si esce dalla sala pieni di forza ed energia, perché Noi e la Giulia è un film che prepara ad affrontare a testa alta le avversità della vita.